instagram_per_articoli_BLOG

ASANA E PRANAYAMA

Nell’ultima Lezione di Yoga del Respiro, tenuta online con ZOOM dall’Istruttore Davide Russo Diesi, sono state insegnate alcune posizioni, Asana, di progressione di elasticità del bacino, delle articolazioni delle anche e delle ginocchia, per portare gli allievi gradualmente ad acquisire la flessibilità necessaria per raggiungere la posizione finale di Padmasana o almeno di mezza Padmasana, la posizione del loto e mezzo loto. Padmasana è uno dei più antichi Asana conosciuti nella storia dello Yoga e fa parte delle 84 posture principali dell’Hatha Yoga: è la posizione di seduta propedeutica alla meditazione e al raggiungimento di uno stato sempre più profondo di interiorizzazione e calma profonda, se abbinata ad una corretta respirazione (Asana e Pranayama).

È stato spiegato che nella tecnica di base di Yoga del Respiro è importante ricordare che l’inspirazione deve essere rivolta al cielo e l’espirazione alla terra, perché in questo abbinamento di movimento e respiro è più facile comprendere e memorizzare anche i movimenti del corpo durante la posizione per sostenere il lavoro del diaframma.

Ma a quando risalgono gli Asana? Per secoli l’insegnamento degli Asana è stato qualcosa di molto segreto e non trascritto. I primi riferimenti allo Yoga si trovano nei Veda, i più antichi testi della cultura indiana, databili tra il 1500 e il 1200 a.C.

Successivamente a livello cronologico, seguono le Upanishad o Vedanta, trascrizioni di testi orali, raccolti in un ampio arco di tempo (tra il IX e il XVIII secolo). Il termine Upanishad significa letteralmente “sedersi vicino” ed evoca appunto l’immagine del discepolo che si siede ai piedi del maestro per apprendere insegnamenti tramandati oralmente.

Poi, lo Hatha Yoga Pradipika di Yogi Swatarama, uno dei primi testi che descrivono gli Asana; si ritiene che sia stato scritto nel periodo compreso tra il 6° e il 15° secolo a.C..

Gli Yoga Sutra (dal sanscrito “aforismi sullo Yoga”) di Patanjali, contengono 195 brevi aforismi che descrivono la pratica e i mezzi tramite cui raggiungere lo Yoga (l’Unità). Non si conosce l’esatta datazione di questo testo ma si pensa che sia stato scritto tra l’anno 0 e il 400 d.C. E’ stata l’opera, tra i testi dell’India antica, maggiormente tradotta durante l’era medievale, ma ne sono state perse le tracce per circa 700 anni.

Il primo Yogi a incoraggiare attivamente la diffusione dello Yoga dall’India all’Occidente è stato Swami Vivekananda quando ha visitato l’Europa e gli Stati Uniti nel 1890, cui seguì Paramahansa Yogananda, che introdusse lo Yoga negli Stati Uniti nel 1920. E’ stato solo grazie alla loro opera che gli Yoga Sutra, e lo Yoga in genere, sono tornati ad essere un testo conosciuto e studiato nel XX secolo, determinando l’interpretazione data dall’Occidente al mondo Hindu e allo Yoga in particolare.

In Occidente si tende a considerare lo Yoga unicamente come la pratica fisica degli Asana (posizioni), con lo scopo di distendere i muscoli. Eseguire gli Asana correttamente, rispettando il proprio corpo, i suoi limiti, senza sforzare o “entrare in competizione” con gli altri allievi ha l’effetto di tonificare il corpo, sciogliere le tensioni, garantire una buona circolazione sanguigna, una buona digestione, una buona assimilazione e una buona eliminazione, rendendo possibili la concentrazione e la calma.

A differenza degli esercizi fisici, gli Asana, infatti, si praticano lentamente, focalizzando l’attenzione e la comprensione consapevole del movimento: lo scopo è di armonizzare il corpo e la mente osservando il processo fisico e mentale di ogni movimento.

Ciò che ha un ruolo fondamentale nella pratica dello Yoga, in abbinamento agli Asana, è la respirazione, il Pranayama, il controllo consapevole del soffio vitale, non solo quindi del respiro, ma del Prana, l’energia che scorre attraverso il corpo sottile. Pranayama deriva dal sanscrito ed è una parola composta da due parti: Prana e Ayama. Mentre Prana significa “vita”, “spirito”, “respiro”, Ayama indica “espansione”, “estensione” e da qui la sua definizione di respiro espanso.

Il Prana è l’energia vitale che permea tutto il cosmo. Il Pranayama è la tecnica di controllo e sospensione del respiro che ha il fine di concentrare e canalizzare il Prana attraverso i canali energetici chiamati Nadi e i Chakra. Inspirando assorbiamo Prana, espirando lo distribuiamo. I Chakra, che sono collocati in corrispondenza della colonna vertebrale, rappresentano i principali “snodi” in cui le Nadi si intersecano.

Attraverso la coordinazione di respiro e movimento, o anche in assenza di movimento, la pratica dello Yoga si armonizza, il respiro diventa più profondo e rallenta il ritmo, l’intero metabolismo del corpo ne viene influenzato. Sapere come utilizzare correttamente il respiro è fondamentale: aiuta a rilassare consapevolmente i muscoli e tutte quelle parti del corpo che sono in tensione, aumenta la vitalità dell’organismo, la flessibilità e rafforza il sistema immunitario, pulisce e purifica tutto il corpo, fisico e sottile.

Il Pranayama, però, ha un effetto molto più importante a livello mentale: se si impara a controllare il respiro, si impara a controllare la mente, perché lo scopo dello Yoga, che è una pratica filosofica, etica, spirituale e fisica, è di acquisire la pace e la calma interiore, riconoscendo ed eliminando i vortici dei pensieri (Klesha) che controllano la mente e ne offuscano la visione.

Abbinando Asana e Pranayama è quindi possibile raggiungere uno stato di calma tale, che permette di gestire la propria energia e di eliminare gli stimoli esterni, preparando, quindi, la nostra mente e il nostro corpo alla meditazione. Per meditare sono indispensabili un esercizio appropriato, una respirazione appropriata, un rilassamento appropriato, un’alimentazione appropriata e l’assenza di pensieri negativi o disturbati. La meditazione è, quindi, uno stato di profonda pace che si realizza quando la mente è serena e del tutto consapevole.

Il respiro, le forze vitali, il corpo fisico e anche la mente sono tutte, comunque, forme di Prana o energia. Pertanto, se una di esse viene effettivamente controllata, l’altra viene portata automaticamente sotto controllo. In questo modo chi pratica lo Yoga correttamente abbandona pensieri ed emozioni negative, raggiungendo uno stato di rilassamento profondo in cui corpo e mente sono in perfetto stato di quiete: la meditazione, infine, permette di trascendere gli stati di pensiero che provocano l’insorgere delle emozioni. Questo percorso conduce alla conoscenza del Sé e della sua profonda saggezza.

 

Articolo redatto da: Segreteria di Swami Amrirananda Davide Russo Diesi | Certified Yoga Teacher RYT-500 Yoga Alliance USA – Yogasthali Yoga Society, INDIA.